martedì, maggio 24, 2005

che sollievo

Fra le righe del profondo terrore che mi attanaglia quando penso che sto per passare un centinaio di giornate consecutive nel mio antico paese in modo da recare servizi in un relativamente redditizio negozio di fotografia continuo a trovare un' inaspettata serenità. Ancora tutto è, come da abitudine, ben lontano dall' esser chiaro; credo in ogni caso sia dovuto al fatto che la prospettiva dell'isolamento sia solita regalarmi un sentimento di benessere. Non conosco più tanta gente qui: ne approfitterò per ridurre all'estremo le relazioni umane. Lascerò che i miei passatempi tornino ossessioni, come un tempo. Che sollievo! Ma ora ho più armi disponibili e una coscienza meno indulgente. In realtà mi piacerebbe riportare il livello delle mie massime aspirazioni a quello di quando si esaurivano nel tentativo di inserire scomodi messaggi subliminali negli articoli che scrivevo per il quotidiano locale. Potrei permettermi di dormire nel modo in cui lo fanno i mortali. Ora mi pare che potrei concedermi di farlo solo in prigione. Oppure sull' autobus. O insomma, nei posti in cui è possibile usufruire di un alibi conveniente per il mio egoismo.
E poi confermo che gli Yuppie Flu hanno cominciato a fare molta pena, ma non è un sentimento che mi coinvolga più di tanto.